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LE SPAVENTOSE CARTUCCE RICARICATE
A:
TUTTE LE SEZIONI TSN DEL PIEMONTE TUTTE LE SEZIONI TSN DELLA VALLE D’AOSTA TUTTE LE SEZIONI TSN DELLA LIGURIA TUTTE LE SEZIONI TSN DELLA LOMBARDIA TUTTE LE SEZIONI TSN DEL TRENTINO ALTO ADIGE
NOTA: Non si comprende perché la circolare è inviata solo a Sezioni del TSN delle regioni del NORD Italia.
DISPOSIZIONE
In osservanza delle prescrizioni sancite dalla vigente normativa in materia di sicurezza nelle aree destinate all’attività di tiro, nonché in aderenza ai criteri tecnici individuati dalla Direttiva Tecnica D.T./P2, si conferma, fino a diversa determinazione, il divieto assoluto di utilizzo di cartucciame ricaricato all’interno dei poligoni classificati come ""chiusi a cielo aperto'". Tale prescrizione si applica indistintamente a tutte le attività esercitate nelle suddette strutture, comprese le sessioni di addestramento, le esercitazioni istituzionali, le competizioni sportive e ogni ulteriore impiego che comporti l’uso di armi da fuoco. Eventuali deroghe potranno essere concesse esclusivamente previa autorizzazione espressa dell'Autorità competente, previo accertamento della conformità delle munizioni impiegate ai requisiti di sicurezza ed affidabilità stabiliti dagli organi tecnici preposti. Le ragioni sottese a tale divieto, di carattere tanto tecnico quanto giuridico, vengono approfondite nel successivo paragrafo, ove si illustrano nel dettaglio gli elementi che ne giustificano l’adozione, alla luce delle criticità inerenti all'utilizzo di munizionamento ricaricato e delle conseguenti implicazioni sul piano della sicurezza e della responsabilità giuridica.
MOTIVAZIONE TECNICO-GIURIDICA
Preliminarmente, si rende necessaria una precisazione in ordine alla non corretta interpretazione della normativa vigente da parte di alcune Sezioni, le quali, nei quesiti formulati, hanno dimostrato di incorrere in un evidente fraintendimento circa la portata applicativa della circolare ministeriale n. 559/C. 16105, XV.H.MASS(39) del 1999. Detta circolare, avente ad oggetto l’interpretazione delle disposizioni di cui all’alt. 47 T.U.L.P.S. in relazione all’attività di ricarica delle cartucce da parte di soggetti privati, si limita ad affermare che tale attività, pur non essendo oggetto di una disciplina normativa specifica, non risulta ex se vietata, a condizione che sia esercitata nel rispetto delle prescrizioni di legge. In particolare, si evidenzia come la legittimità della ricarica privata sia subordinata all’osservanza dei requisiti normativamente imposti, concernenti, tra l’altro, la titolarità dell’autorizzazione all’acquisto di esplosivi ai sensi dell’art. 55 T.U.L.P.S., gli obblighi di denuncia di cui all’alt. 38 del medesimo Testo Unico, nonché i limiti quantitativi relativi alla detenzione di polveri, bossoli, inneschi e cartucce, come disciplinati dagli artt. 97 e 50 T.U.L.P.S. e dalle corrispondenti disposizioni regolamentari.
NOTA: non è il caso di complicare le cose semplici: Bastava scrivere senza contorsioni verbali che il Ministero dell'Interno ha semplicemente preso atto che nessuna norma vieta il caricamento privato di munizioni, osservando le norme del TULPS sulla detenzione di polvere da sparo e cartucce. Conseguenza ovvia è che se è lecito caricarle è necessariamente lecito il loro uso come avviene per le cartucce commerciali. Ci si è posto il quesito con quali regole esse possono essere usate in poligoni del TSN
Tale ricostruzione interpretativa, tuttavia, non può condurre all’erronea conclusione per cui l’assenza di un divieto espresso implichi, in via automatica, la necessaria ammissibilità dell’impiego di tale munizionamento in qualsivoglia contesto, ivi compresi i poligoni di tiro regolamentati. Un simile ragionamento si porrebbe in contrasto con un principio cardine dell’ordinamento, secondo cui la liceità astratta di una condotta non ne esclude la possibilità di essere assoggettata a limitazioni specifiche, laddove lo impongano esigenze superiori di sicurezza, uniformità e controllo. La richiamata circolare ministeriale, infatti, si limita a riconoscere che l’attività di ricarica svolta da privati, qualora esercitata nel rispetto delle disposizioni di legge, non costituisca di per sé un’attività illecita, atteso che il quadro normativo vigente non preveda un espresso divieto in tal senso. Tuttavia, tale affermazione non può essere intesa quale presupposto implicito per la generale ammissibilità del munizionamento ricaricato in ogni ambito, né preclude la possibilità che regolamenti specifici, per motivi di sicurezza, affidabilità e tracciabilità, ne dispongano l’esclusione in contesti caratterizzati da particolari esigenze di controllo e uniformità dei parametri tecnici. Ne consegue, dunque, che l’interpretazione sistematica della normativa di settore non possa prescindere da un’esegesi coerente con le disposizioni della Direttiva Tecnica D.T./P2 la quale, ai punti 2.b e 2.C, disciplina in modo puntuale le specifiche relative al munizionamento e all’armamento ammessi nei poligoni di tiro c.d. "chiusi a cielo aperto". In tale contesto regolamentare, sebbene il testo normativo non operi una distinzione espressa tra munizionamento di natura commerciale e munizionamento ricaricato, ciò non può essere inteso quale implicita equiparazione tra i due, né tantomeno quale ammissione automatica e indiscriminata del secondo. La ratio sottesa alla regolamentazione del munizionamento, infatti, si fonda su parametri di sicurezza e di prevedibilità dell' energia cinetica sviluppata all’atto dello sparo, i quali non possono essere garantiti in maniera uniforme ed attendibile qualora si consentisse l’impiego di munizioni ricaricate da privati, attesa la loro intrinseca variabilità sotto il profilo balistico e chimico-fisico. Il principio cardine della disciplina di settore, infatti, risiede nella necessità di assicurare che ogni munizione impiegata nel poligono sviluppi un’energia cinetica iniziale ben definita, la cui determinazione non può prescindere dalla standardizzazione dei processi produttivi e dall’osservanza di rigorosi controlli di qualità, come avviene nel caso del munizionamento commerciale certificato.
Al contrario, il munizionamento ricaricato, in ragione della natura artigianale della sua realizzazione, si connota per un’assoluta eterogeneità sotto molteplici profili, risultando impossibile determinare con certezza l’energia cinetica effettivamente sprigionata da ogni singolo colpo, e con essa la sua compatibilità con i parametri di sicurezza imposti dalla direttiva. Tale incertezza trova la propria causa in molteplici fattori tecnici. Anzitutto, ogni munizione ricaricata costituisce un unicum irripetibile, frutto dell’operato di singoli soggetti, la cui esperienza e competenza possono variare in maniera significativa, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l’uniformità della cartuccia realizzata. Diversamente dalla produzione industriale, in cui ogni cartuccia è sottoposta a severi test di conformità prima dell’immissione in commercio, la ricarica effettuata da privati non è soggetta ad alcun protocollo standardizzato, con il risultato che ogni singolo colpo possa presentare differenze sensibili in termini di pressione interna, velocità del proiettile e traiettoria balistica. A ciò si aggiunge la variabilità intrinseca delle materie prime impiegate, la cui eterogeneità incide in modo determinante sulla costanza delle prestazioni balistiche e, dunque, sulla prevedibilità dell’energia cinetica sviluppata. La polvere da sparo, ad esempio, può differire non solo per composizione chimica, ma anche per granulometria e velocità di combustione, elementi che, interagendo tra loro in modo non sempre uniforme, influiscono direttamente sulla pressione generata all'interno della camera di scoppio e, conseguentemente, sulla velocità e sull’energia trasmessa al proiettile. Né può trascurarsi l’incidenza di altri fattori altrettanto determinanti, quali la scelta dell’innesco e la qualità dei bossoli, la cui integrità strutturale ed il grado di usura contribuiscono in maniera significativa a determinare l’effettivo rendimento della cartuccia. La variabilità delle condizioni di ricarica, inoltre, non fa che amplificare il già ampio margine di incertezza insito nel munizionamento ricaricato, poiché l’assenza di un ambiente controllato, quale quello garantito dagli stabilimenti produttivi, può esporre il processo ad una serie di possibili errori, tanto di natura tecnica quanto umana. Il dosaggio della polvere, la chiusura del bossolo e la selezione dei componenti, infatti, dipendono interamente dall’abilità del singolo “ricaricatore”, il quale opera con strumenti diversi, adotta metodologie non uniformi e possiede livelli di precisione che possono variare sensibilmente da un operatore all’altro. Ne consegue che ogni lotto di munizioni ricaricate, e talvolta ogni singola cartuccia, possa presentare discrepanze tali da comprometterne l'uniformità prestazionale, rendendo del tutto imprevedibili i parametri balistici e, con essi, l’energia cinetica sviluppata, la quale, come già osservato, costituisce un criterio imprescindibile ai fini della sicurezza nelle attività di tiro regolamentate dalla direttiva. Orbene, tali elementi dimostrano in maniera inconfutabile come il munizionamento ricaricato presenti un margine di variabilità del tutto incompatibile con le prescrizioni imposte dalla Direttiva D.T./P2, la quale fonda la propria disciplina su parametri di sicurezza imprescindibili, tra i quali spicca la prevedibilità dell’energia cinetica sviluppata da ciascun colpo. La mancata menzione espressa del divieto di utilizzo di munizioni ricaricate sugli atti di rilascio delle agibilità, pertanto, non può essere intesa, quale implicita autorizzazione al loro impiego, giacché un’interpretazione sistematica della normativa impone di subordinare la legittimità del munizionamento all'effettiva possibilità di garantire il controllo e l’uniformità dei parametri balistici richiesti. In considerazione dell’impossibilità tecnica di garantire, nel caso di cartucce ricaricate, la necessaria prevedibilità dei parametri balistici, si impone, quale imprescindibile conseguenza, l’esigenza di salvaguardare la sicurezza dei tiratori, evitando l’introduzione di variabili non controllabili che potrebbero pregiudicare il regolare svolgimento delle attività di tiro. Parimenti, risulta essenziale assicurare la preservazione dell'integrità strutturale degli impianti, la cui idoneità all’uso risulta inscindibilmente connessa all’impiego di munizionamento caratterizzato da specifiche tecniche certe, omogenee e sottoposte a rigorosi controlli di conformità, tali da escludere margini di imprevedibilità incompatibili con i criteri di sicurezza imposti dalla disciplina di settore. Tale conclusione, d’altronde, trova ulteriore e decisivo conforto nel parere espresso dal Comando Genio (All. 1), il quale afferma, nella propria comunicazione prot. M_D AAE405C REG2024 0014597 in data 21- 03-2024, avente ad oggetto ''Attività di verifica per rinnovo/rilascio agibilità al tiro ai sensi della D. T./P2 per le Sezioni TSN. Impiego del munizionamento ricaricato ed armi avancarica. Richiesta chiarimenti, che “[. . .] per motivi di sicurezza ed in analogia a quanto indicato nell’"Allegato J” della Direttiva 4020 edizione 2020 "è vietato l'impiego di munizionamento spezzato, ricaricato. perforante, esplosivo, incendiario, tracciante [. f\ fermo restando che sono in corso ulteriori approfondimenti atti a valutare la possibilità di utilizzo del munizionamento in oggetto in specifiche circostanze [. . .]”. Oltre a ciò, non è possibile sottacere che, già nell’anno 2019, il Comando Forze Operative Sud (All. 2), con atto prot. M_D E26348 REG2019 0037520 in data 24-04-2019 avente ad oggetto "LECCE. Sezione T.S.N. Poligono di tiro chiuso a cielo aperto. Utilizzo del munizionamento ricaricato'', imponeva il divieto di utilizzo del cartucciame ricaricato, in considerazione del fatto che “[...] consentire l’uso di munizionamento “ricaricato”, e quindi non certificato in termini di energia cinetica e processo realizzativo del cartucciame (controllo qualità) espone, non solo il tiratore ma tutti i presenti in prossimità della linea di fuoco e dell 'area tiratori, (finanche all’esterno dello stand) ad un “rischio” non preventivabile. 4. Per quanto precede, l ’uso del munizionamento ricaricato non potrà mai essere autorizzato da questo Comando
NOTA. Una scarica di informazioni apodittiche con un po' di verità per i proiettili perforanti , esplosivi, incendiari e traccianti, vietati dalla legge, ma campate in aria per le cartucce ricaricate, che la legge non ha mai inteso vietare. Pare che gli uffici ministeriali si preoccupino del fatto che proietti troppo potenti danneggino i poligoni. Sono scempiaggini; perché mai un cal. 38 ricaricato e un po' potenziato dovrebbe fare più danni di un cal. 44, pur consentito in quello stesso poligono e che non potrà mai superare in potenza?
E con questo argomento si dimostra l'errore nell'affermare che i proiettili ricaricati potrebbero persino uscire dal poligono più di un proiettile commerciale. Ma come minchia abbiamo costruito i poligoni in Italia? Come i ponti? Sembra ovvio che i vai "Comandi" hanno il terrore di assumersi una qualsiasi responsabilità in materia di cartucce non commerciali. Ma dove sta scritto che sono loro a dover autorizzare l'uso di queste cartucce?
In tale prospettiva, il divieto in esame non solo si colloca perfettamente nell’alveo delle disposizioni normative e regolamentari di riferimento, ma trova ulteriore legittimazione nel principio di prevenzione, il quale impone che, in ambiti connotati da un elevato grado di rischio, quali quelli relativi alle attività di tiro, la sicurezza sia garantita non già mediante mere valutazioni ex post dell’idoneità del materiale impiegato, bensì attraverso un rigoroso controllo ex ante, che escluda a priori qualsiasi elemento suscettibile di alterare i parametri di sicurezza stabiliti. La previsione contenuta nelle comunicazioni del Comando Genio e del Comando Forze Operative Sud, dunque, lungi dal costituire una limitazione arbitraria, si configura come un’inevitabile e razionale applicazione del principio di precauzione, che impone di privilegiare sempre la tutela della sicurezza e l’integrità degli impianti, rispetto a pretese di natura individuale, fondate su presupposti giuridicamente inconsistenti e tecnicamente in fase di studio. Né potrebbe, in alcun modo, rilevare la predisposizione e sottoscrizione di qualsivoglia documentazione volta a determinare un esonero di responsabilità in capo ai gestori dei poligoni, atteso che la sicurezza degli impianti e l’incolumità dei tiratori costituiscano principi di ordine pubblico, insuscettibili di essere derogati per effetto di atti dispositivi di natura privatistica.
NOTA: Sciocchezze giuridiche: se il gestore si fida del fatto che il poligono è sicuro secondo la scienza dei poligoni e le certificazioni, ha tutto il diritto di consentire di sparare a chi gli dichiara che le munizioni sono sicure e si assume la responsabilità per eventuali ipotetici danni. Se poi risulta che il poligono è un colabrodo risponde chi ha certificato il contrario, anche se il danno è riferibile a munizioni commerciali.
L’eventuale compilazione di dichiarazioni di manleva, infatti, non potrebbe mai supplire all’inderogabile necessità di garantire l’osservanza di parametri tecnici rigorosi ed uniformemente verificabili, in quanto la salvaguardia delle condizioni di sicurezza non può essere rimessa alla mera volontà dei singoli, né può essere elusa attraverso strumenti giuridici che, per loro natura, non incidono sulla concreta eliminazione dei rischi derivanti dall’impiego di munizionamento privo di certificazione standardizzata. Deve, dunque, ritenersi che il divieto di utilizzo di cartucce ricaricate nei poligoni regolamentati si imponga ex lege, quale misura imprescindibile per la tutela della pubblica incolumità, e che esso non possa essere eluso mediante artifici documentali volti a trasferire sul singolo tiratore una responsabilità che, per sua stessa natura, attiene a profili di sicurezza collettiva e non può formare oggetto di rinuncia o limitazione negoziale. Per quanto sopra esposto, il divieto di utilizzo del munizionamento ricaricato nei poligoni di tiro chiusi a cielo aperto, lungi dal tradursi in un’ingiustificata compressione delle facoltà dei tiratori, si configura quale misura imprescindibile per il rispetto dei principi di sicurezza e prevedibilità, i quali permeano l’intero impianto regolatorio ed impongono standard di uniformità e controllo, che il munizionamento ricaricato, per sua stessa natura, non può in alcun modo garantire. In tale prospettiva, il divieto in parola non solo si rivela pienamente conforme ai criteri normativi vigenti, ma trova ulteriore giustificazione nell'irrinunciabile esigenza di tutela dell'incolumità dei soggetti coinvolti e dell'integrità delle strutture deputate all'attività di tiro. Ad ogni modo, non può sottacersi che il Comando Genio abbia già evidenziato come siano in corso approfondimenti volti a valutare l’eventuale impiego del munizionamento in oggetto, in condizioni di sicurezza e in specifiche circostanze, attualmente allo studio, senza che ciò, tuttavia, possa al momento incidere sull’efficacia del divieto attualmente vigente che, come ampiamente sottolineato, trova il fondamento nella necessità di garantire parametri di sicurezza non suscettibili di deroga.
NOTA: Uno sproloquio di tre pagine per sostenere una cosa che non sta in piedi. A leggerlo sembra di capire che una cartuccia mal caricata può trasformarsi in una specie di ordigno di terribile potenzialità; capisco che i militari non ricaricano il loro cartucciame e quindi non se ne intendono di ricarica ma è pacifico:
- il produttore commerciale cerca di estrarre dalla sua cartuccia la maggior potenza possibile; il caricatore privato può cercare di aumentare la carica di polvere o riempiendo al massimo il bossolo, o comprimendo la polvere, o usando polveri di maggior densità gravimetrica; ciò comporta l'aumento delle pressioni entro l'arma. Però il rischio di scoppio della canna è abbastanza remoto perché le armi nuove sono collaudate per resistere ad una pressione doppia di quella ufficialmente ammessa. E' vero per ogni munizione, anche commerciale, vi è sempre il rischio di difetti che generano pressioni anomale; è un fenomeno ben studiato; di veda ad es. https://www.earmi.it/varie/carica.htm ma in pratica molto raro.
- le polveri in uso sono basate su procedimenti antichi e non esistono polveri nuove che possano essere usate per caricamenti pericolosi.
- possono verificarsi incidenti per cariche troppo basse che non riescono ad espellere il proiettile che fa da tappo al colpo successivo.
- la velocità del proiettile rimane comunque nell'ambito di velocità raggiungibili con un'arma corta o un'arma lunga.
- Per i militari non dovrebbe essere difficile fare un piccolo calcolo per stabilire qual è la forza distruttiva di un mezzo cucchino di polvere da sparo. Nessuno ci ha mai fatto una bomba!
Quindi:
- Lo scoppio di un'arma, per i più svariati motivi, deve sempre essere previsto in un poligono di tiro e quindi è necessaria l'installazione di separatori fra i box dei tiratori che impediscano il passaggio di frammenti dell'arma.
- Il poligono deve essere progettato per garantire che non vi sia fuoriuscita di proiettili sparando dalle postazioni di tiro e che non vi siano rimbalzi pericolosi di proiettili entro il poligono.
A questo proposito si deve constatare che il sistema instaurato per la progettazione di poligoni, tarati e collaudati solo per sparare determinati calibri è illogico e dovuto a circostanze che poco hanno a che vedere con lo sport del tiro. Queste circostanze sono che le FFAA hanno pochi soldi da spendere per i poligoni del TSN e che i progettisti, oltre che alla sicurezza del poligono pensano a garantirsi da ogni responsabilità civile e penale. Ma la logica è invece che ogni poligono venga studiato per il tiro con armi lunghe o corte e per le distanze richieste per il tiro sportivo con tali armi e per tutti i calibri; se un poligono è progettato bene gli impatti sulle pareti laterali e sulle barriere verso l'alto (vele) sono rari e non vi è ragione (salvo il maggior impegno della barriera ferma palle) per non spararvi anche un calibro .50!
- Quindi, il fatto che una cartuccia imprima al proiettile una velocità superiore a quella standard è irrilevante in un poligono ben progettato. E comunque, anche se chi ricarica riempie il bossolo al massimo della sua capacità, l'aumento della velocità del proiettile, al massimo di circa il 15%, è irrilevante ai fini della sicurezza.
Si può pertanto affermare che i pericoli accampati nella Preoscrizione non esistono, a meno che chi ha fatto il progetto si sia dimenticato i separatori oppure li abbia fatti di solo legno senza una lastra di acciaio all'interno. Ho già scritto in passato che le linee guida ufficiali sui poligoni mi sembravano scritte da falegnami piuttosto che da ingegneri! Non sarebbe male se si guardassero le norme di altri paesi , ad esempio quelle tedesche o quelle canadesi, persino tradotte in italiano (https://www.earmi.it/progettazione_poligoni.html ).
Se agli utenti di un poligono costruito a regola d'arte e che intendono usare proprie munizioni si fa firmare una dichiarazione in cui si assumono ogni responsabilità per danni cagionati per lo scoppio della loro arma o per malfunzionamento della cartuccia, è esclusa ogni responsabilità dei gestori del poligono.
Al riguardo, lungi dal voler rappresentare la presente una volontà di totale chiusura sull’argomento. l’intendimento dell’Amministrazione scrivente, consiste nella redazione di uno specifico protocollo, di eventuale immediata applicazione sperimentale e da recepirsi successivamente all’interno dell’emananda Direttiva 4021 (nuova normativa di regolamentazione dei poligoni chiusi a cielo aperto), strutturato attraverso le seguenti fasi:
- organizzazione di corsi di formazione teorica e pratica, iniziale ed eventualmente periodica, a favore di istruttori e tiratori, a cura di appositi Enti formatori che, a seguito di un definito programma didattico teorico e pratico, rilascerebbero apposito attestato di formazione.
- controllo a cura dei TSN e con periodicità da definire, del munizionamento prodotto, anche con semplici e non invasivi test di velocità, approfittando della disponibilità di apparecchiature tecnologiche moderne;
- previsione di polizze assicurative adeguate a sicura copertura delle responsabilità civile e penale dei TSN, verso eventuali azioni di rivalsa;
- acquisizione di un parere giuridico legale sulla bontà del protocollo
- previsione di una fase sperimentale delle procedure, in cui coinvolgere alcuni TSN ed alcune famiglie di tiratori, es. solo "tiratori esperti" e come tali riconosciuti dal presidente del TSN.
Fino al perfezionamento e alla successiva formalizzazione del prefato protocollo, ogni pretesa volta a contestare la legittimità del divieto al munizionamento ricaricato si rivela priva di pregio, in quanto non supportata da qualsivoglia solida base normativa o tecnica su cui fondarsi.
NOTA Questa parte della nota è la massima espressione del delirio burocratico che appesta l'Italia. Mi immagino se le FFAA dovessero preparare un piano di battaglia: cinque volumi di testo e dieci di allegati con la previsione di un reparto di ufficiali laureati in legge, per studiare e regolare ogni aspetto della battaglia (inquinamento acustico e ambientale, disturbo degli animali, ripristino dei prati danneggiati, rispetto dell'uguaglianza dei sessi e … chi più ne ha più ne metta, come disse Messalina al manipolo della sua scorta di legionari!).
- Prima di tutto pare che al Ministero sfugga che esso è competente solo per la progettazione e costruzione dei poligoni, rimastagli solo per errore del legislatore; recita l'art. 250 del Codice dell'Ordinamento Militare che L'esecuzione tecnica dei lavori relativi all'impianto, sistemazione e manutenzione dei campi di tiro a segno di cui al comma 1 è affidata alla vigilanza del Ministero della difesa mentre il DPR 12 novembre 2009, n. 209 aggiunge che L’UITS è sottoposta alla vigilanza del Ministero della difesa e realizza i fini istituzionali di istruzione, di addestramento e di certificazione per il tramite delle sezioni di tiro a segno nazionale. Però la competenza per l'attività sportiva. è tutta dell'UITS. Che vanno quindi cianciando di nuovi corsi di formazione che l'UITS fa già da tempo? Le FFAA devono imparare a fare i poligoni come si deve, cosa non difficile perché le norme già ci sono a livello internazionale (è una caratteristica della scienza che non cambia a seconda dei luoghi o delle persone o degli interessi di bottega), ma come si fa lo sport del tiro è cosa da lasciare alle autorità sportive. O non si sono accorti che il TSN non ha più il compito di curare l'istruzione premilitare?
Pare poi che il dettar regole sull'uso delle cartucce non rientri proprio fra i poteri del Ministero della Difesa il quale avrebbe dovuto solo avvisare UITS e TSN scrivendo ai poligoni interessati: Attenzione, il vostro poligono è stato costruito al risparmio e omologato per cartucce di scarsa potenza e quindi rischiate se fate sparare cartucce di maggior potenza, ad esempio se caricate in casa!
- Che senso ha mettere batterie di cronografi per controllare le munizioni non commerciali? Gli incidenti di caricamento soni rari ed imprevedibili e possono capitare anche con munizioni commerciali. E come si organizzano: uno arriva al poligono per fare un allenamento e aspetta un'ora o due che provino una sua cartuccia? E come mai il Ministero della difesa ignora che vi è un ente pubblico, il Banco di Prova, attrezzato per controllare le cartucce caricate da privati?
- I TSN sono già ampiamente assicurati e non è compito delle FFAA preoccuparsi degli. aspetti civilistici; e dalle responsabilità penali non ci si salva con i pezzi di carta. Il pericolo di incidenti che si possono verificare in un poligono sono ben o noti e prevedibili e le responsabilità non derivano dal fatto che il tiratore abbia sparato, ma dal fatto che il poligono è costruito male e quindi, se si riuscisse a vietare ogni tipo di tiro, al Ministero potrebbero dormire più tranquilli!
- Si scrive che si dovrà acquisire di un parere giuridico legale sulla bontà del protocollo. Ma la vogliono capire che si parla di cose tecniche, che bisogna sentire ingegneri ed esperti del genio militare ed esperti di balistica e di ricarica ed il Banco di Prova che è l'ente che controlla le cartucce, visto che i militari navigano newlla nebbia delle frasi fatte? E che la sicurezza non si crea con i pezzi di carta, ma facendo bene i poligoni? Figurarsii se servono i giuristi!
- Si scrive: previsione di una fase sperimentale delle procedure, in cui coinvolgere alcuni TSN ed alcune famiglie di tiratori, es. solo "tiratori esperti" e come tali riconosciuti dal presidente del TSN. Che accidenti vogliono sperimentare, visto che si tratta di eventi rarissimi. Invece di fare affermazioni apodittiche perché non ci forniscono le statistiche degli eventi dannosi verificatisi a causa di munizioni difettose? In Italia vi sono stati almeno tre incidenti gravi in poligono dovuti al fatto che non era stato pulito bene il pavimento e i residui di sparo si sono incendiati violentemente e perché i progettisti si erano preoccupati di porte che impedivano il passaggio di estranei, ma non avevano pensato a chi doveva scappare dal poligono. In Internet trovo infiniti casi di persone che si son fatte partire un colpo maneggiando l'arma o che non hanno controllato che la canna fosse libera, ma non trovo cenno di altri incidenti. Ma allora che cosa devono sperimentare e da dove è nata questa leggenda ministeriale della pericolosità delle cartucce non commerciali?
Non vorrei pensar male, ma è noto che i poligoni guadagnano vendendo le cartucce ai tiratori e cjhe non amano le cartucce portare da casa e non mi meraviglierei se all'improvviso il Ministero decidesse che a fornire le cartucce ci pensa lui, facendo un bel appalto milionario. Ovviamente previo protocollo e parere giuridico. Forse i poligoni si ritroveranno ad usare cartucce cinesi.
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